Piergiorgio Bianchi si è laureato in Filosofia e in Storia presso l’Università di Genova. Dal 1995 fa parte della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi. Insegna al Liceo scientifico “O. Grassi” di Savona. Ha pubblicato Marx e Lacan. La questione del soggetto inconscio (Genova 1999) e Il lavoro del filosofo. Ragione e politica in Galvano della Volpe (Savona 2008). Ha scritto articoli per «L’Art du comprendre» e «Historia Magistra». Per Orthotes sono usciti: Il campo di esperienza. Positività del sensibile e ricerca estetica in Galvano della Volpe (2012) e Il sintomo e il discorso. Lacan legge Marx (2014). Ha curato testi di Lukács e Feuerbach. Psicoanalisi e poesia La psicoanalisi non è chiamata a svelare i rapporti segreti e inconfessati tra la vita del poeta e l’opera, ma a reperire nella sublimazione poetica la verità da essa scoperta nella propria esperienza clinica. Per questo le occorre «un’assimilazione profonda delle risorse di una lingua e specialmente di quelle che sono realizzate concretamente nei suoi testi poetici». Ci sono buoni motivi per collocare la psicoanalisi nella «struttura di ciò che nel Medioevo si chiamava “arti liberali”», pensando a grammatica, retorica e dialettica come a discipline di un cursus cui aggiungere, «quale suprema punta di un’estetica del linguaggio, la poetica, che includerebbe la tecnica lasciata in ombra, del motto di spirito». Nel tempo presente la scoperta freudiana dell’inconscio subisce l’attacco insistente delle neuro-scienze. Le tecniche del controllo e dell’addestramento cognitivo poste a guardia dello psichico hanno oramai cancellato quanto di “liberale” vi era nel mestiere dell’insegnante. L’obiettivo delle burocrazie statali asservite al mercato è quello di atrofizzare il pensiero, promovendo un’ortopedia linguistica che mette sotto silenzio l’esperienza di parola. Riproporre, allora, il gesto di Dante nel tempo della programmazione neuro-linguistica, affrontando la questione della lingua nella sua radicalità, significa restituire al soggetto la parola che gli è stata sottratta, affinché replichi a chi lo condanna a ripetere la pena di cui non capisce il senso: quel godimento mortifero e superegoico che non gli lascia scampo e che, dannato, lo separa dal desiderio della vita, dal dolce mondo. Restituire la parola al soggetto, difendendo il luogo da cui questi parla, è il compito politico a cui è chiamata la psicoanalisi. ||